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Cineasti contemporanei





GUS VAN SANT, lo scomodo


Gus Van Sant (USA, 1952), è un regista scomodo. Il suo cinema è fuori da schemi prederminati e non negli argomenti, ma nel modo con cui li filma. L'intera cinematografia di questo giovane regista americano si sviluppa nella descrizione degli emarginati e degli alienati che la nostra società metropolitana produce. La particolarità sta nella geniale semplicità con cui descrive gli uomini da marciapiede, i suoi teppisti drogati.

Pittore, diplomato in cinema, gay dichiarato, vicino al mondo degli emarginati; entra nel mondo della celluloide attraverso gli spot pubblicitari ed i video musicali; successivamente si da al cinema indipendente americano attraverso una serie di corto e mediometraggi subito apprezzati. Si rivela immediatamente nel lungometraggio attraverso la sua opera prima: "Mala Noche", premio dei critici di Los Angeles come miglior film indipendente, in cui oltre che regista è anche sceneggiatore, montatore e produttore; un primo lavoro assolutamente personale dove si percepiscono le future potenzialità del cineasta.

Raggiunge il successo internazionale con il seguente "Drugstore Cowboy", premio nazionale dei critici americani come miglior film, sceneggiatura e regia, per il quale Van Sant ha firmato anche la sceneggiatura. Ancora: "Belli e dannati" (anche qui non solo regia ma anche sceneggiatura e produzione), definito dal mensile CIAK:"film angoscioso in una realtà di dannati"; in questo lavoro, droga, abbandono ed omosessualità imperversano con crudezza e malinconia inaugurando un cambiamento profondo nel cinema americano.

"Cowgirls: il nuovo sesso" (oltre alla solita regia: sceneggiatura montaggio e produzione), è il punto più alto della cinematografia di Van Sant. Ardua sperimentazione, opera altamente visionaria come dire un western di fine millennio; stroncato brutalmente dalla critica della Mostra di Venezia, afflitto da grossi problemi di produzione, è stato rimontato da capo dallo stesso regista e questa versione definitiva non ha goduto di maggior fortuna. Uma Thurman, già attrice in "Pulp Fiction" di Quentin Tarantino è protagonista stupenda e magnetica. Seppur stroncata a dir poco barbaramente e indecentemente, è la sua opera più importante intelligente e soprattutto vitale. La critica l'ha distrutta per via della sua eccessiva originalità: un film che dopo la demolizione avvenuta alla Mostra di Venezia è stato ingiustamente condannato ed esiliato dai comuni circuiti cinematografici.

Nei film di Gus Van Sant imperversa sempre tanta desolazione fisica e morale, il suo approccio semplicistico e chiaro è scomodo, quasi sfrontato nell'affrontare problemi in cui la solitudine metropolitana è lo status. La televisione genera mostri, è questo il senso del suo ultimo: "Da morire", in cui una stupenda Nicole Kidman impersona una giornalista televisiva in ascesa e disposta a tutto pur di essere presente nel piccolo schermo. Un ritratto televisivo lontanissimo da come è stato realizzato in passato dai suoi colleghi, se proprio si volesse cercare un archetipo cinematografico nel cinema di Van Sant, questi è David Cronenberg, visionario ed ermetico regista canadese. Ma in Van Sant vi è una minore poetica, un'ermeticità più blanda e un incredibile chiarezza condita da un cattivissimo sarcasmo. Nel film, facile e scontato solo in apparenza, ci sono le musiche meravigliose di Danny Elfman. Infine un aneddoto curioso, anzi una dichiarazione d'amore cinematografica: nella parte dell'uomo del lago che ammazza la giornalista, che pur di non ostacolare il successo televisivo aveva fatto uccidere il marito, riconosciamo niente di meno che David Cronenberg... già in assoluto il miglior killer!

Cronenberg è sempre stato un ombra nel cinema di Van Sant... È evidente che la visionarietà li lega insieme come anche l'influenza che tutti e due i cineasti risentono di William S. Burroughs, il rivoluzionario scrittore americano considerato il profeta della beat generation. Van Sant lo ha conosciuto personalmente nel 1975. La collaborazione con Burroughs sarà fondamentale, tanto che la sua presenza aloneggia in tutti i film. Addirittura recita come attore in "Drugstore Cowboy ".

A proposito del remake di "Psycho" ha dichiarato il regista: "È stato come realizzare un falso, come fare una copia della Gioconda o del David".

Il cinema di Gus Van Sant è pieno di personaggi difficili ed estremi, sembra che essi siano alla continua ricerca di qualcosa che li redima, ma non accade... quasi mai.




Filmografia:

"Mala Noche", 1985;
"Drugstore Cowboy", 1989;
"Belli e dannati", 1991;
"Cowgirls, il nuovo sesso", 1993;
"Da morire", 1995;
"Will Hunting - Genio ribelle", 1997;
"Psycho", 1998;
"Scoprendo Forrester", 2000;
"Elephant", 2003;
"Last Days", 2005.




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