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Cineasti classici





Amore a prima vista per FEDERICO FELLINI

"La mia vocazione più autentica mi sembra il rappresentare quanto vedo, quanto mi colpisce, mi affascina, mi sorprende...".

Si amano i film di Federico Fellini (Italia 1920-1993) perché raccontano di personaggi ingenui e deboli, inabili nell'accettare le realtà della vita. Figure perse nei sogni e nei ricordi che, ingenuamente vivono della loro mediocrità e secondo principi etici talvolta assoluti. Tra tanti cineasti solo Fellini è riuscito a combinare, ma, soprattutto, ad equilibrare sapientemente fantasia, umorismo, sentimento, leggerezza, ironia graffiante e patetica, ed ancora, dramma, provocazione e satira. Fondamentale per la comprensione del linguaggio felliniano la componente autobiografica, peraltro sempre eccitante: da giovane coltiva una passione per il disegno; pubblica vignette umoristiche su La Domenica del Corriere e collabora con tantissimi periodici fino a che si scopre sceneggiatore; sollecitato da Roberto Rossellini firma un contratto per collaborare a "Roma città aperta"; partecipa alla preproduzione, alla sceneggiatura e alla realizzazione di "Paisà", sempre di Rossellini.

In "Luci del varietà", suo primo lavoro da cineasta, firma la co-regia con Alberto Lattuada. Forte ormai di un repertorio poetico-visivo personale, geniale e bizzarro e grazie alla indispensabile collaborazione per i soggetti e le sceneggiature con i vari Michelangelo Antonioni, Ennio Flaiano, Pier Paolo Pasolini, Tullio Pinelli ecc., Fellini matura il "suo" linguaggio cinematografico e in breve tempo, diventa uno dei maggiori cineasti mondiali nonché il più geniale autore italiano. Tale è la sua carica innovativa che, anche l'aver voluto sperimentare, sia pur sotto stretto controllo medico, l'LSD per comprendere i limiti della percezione umana e travaricarli, ci dà la giusta dimensione di come egli ritenga fondamentale scavare intimamente nella psicologia e nella filosofia umana per caratterizzare al meglio i suoi personaggi.

Con "I vitelloni", Leone d'Argento alla Mostra di Venezia, raggiunge la notorietà presso il grande pubblico. Poi è "La Strada", Premio Oscar come miglior film straniero; la statuetta fu ritirata ingiustamente dal produttore Dino De Laurentiis, ma la pellicola fu così acclamata che l'Associazione dei Registi Americani inventò il premio Screening Guilt Director per consegnarlo di persona a Fellini; Leone d'Argento a Venezia (a tutt'oggi la pellicola ha ricevuto oltre cinquanta premi!), "La Strada" è il film che ha, più d'ogni altro, scolpito il nome del regista nel firmamento cinematografico: commovente, fantastico, visionario e lirico, rivela un Fellini stupefacente nel raccontare i personaggi nella loro semplicità. "Le notti di Cabiria", ancora premiato con l'Oscar (più un Nastro d'Argento), vede tra i suoi collaboratori Pier Paolo Pasolini. Nel 1960, "La dolce vita" sceneggiato con Flaiano, Pinelli e Rondi, è Palma d'Oro al Festival di Cannes e Oscar per i costumi ad Hollywood; diventato ben presto un cult-movie, il cardine della storia è nello scetticismo e nella profonda sfiducia che ha caratterizzato il dopo-guerra italiano, una realtà cruda e sofferta. È la rappresentazione di un modus viventi entrato nell'immaginario collettivo; tutti sanno infatti cos'è "La Dolce Vita di Fellini";"Mi rendo conto che La Dolce Vita ha costituito un fenomeno che è andato al di là del film stesso. Dal punto di vista del costume; ma anche forse di qualche innovazione: era il primo film italiano che durava tre ore e tutti, anche gli amici, volevano che lo tagliassi. Ho dovuto difenderlo con le bombe. Io l'ho fatto come faccio tutti i film: per liberarmene e soprattutto per la mia spudorata voglia di raccontare". Ormai ogni film del cineasta riminese è un avvenimento cinematografico di livello mondiale e racconteremo delle successive pellicole, senza preferirne nessuna, focalizzando su alcune cose, significative e non, e tralasciandone altre.

"Otto e mezzo", è ancora Premio Oscar, quale miglior film straniero (più un secondo Oscar assegnato ai costumi) e Gran Premio al Festival di Mosca, dove il film ha creato non pochi problemi alle autorità sovietiche. Visivamente straordinario; racconta lo stesso Fellini:"L'ho girato senza vedere mai nulla di quello che facevo, perché era in atto uno sciopero di quattro mesi di tutti gli stabilimenti di sviluppo e stampa. Rizzoli voleva fermare il film, Fracassi, il direttore di produzione, si rifiutava di proseguire la lavorazione. Ho dovuto impormi, gridare, per obbligare tutti a continuare ugualmente"; "Esso rappresenta un viaggio all'interno della crisi dell'uomo contemporaneo, il quale non può fare a meno di entrare fino in fondo nella sua confusione attuale, confrontandosi con tutte le parti di se stesso e con tutti i personaggi, i fantasmi e i mostri dentro e fuori di lui, per arrivare ad accettarli, ad amarli, ad assegnare ad ognuno il proprio posto e la propria funzione, fino ad unificarli e a fonderli in una sintesi creativa che rappresenta il nuovo equilibrio raggiunto dalla propria personalità in evoluzione".

Vengono poi "Giulietta degli spiriti", la prima pellicola a colori, il successo entusiasmante di "Fellini-Satyricon" e il pregevole film-inchiesta "I clowns"; nel 1973 riceve il quarto Premio Oscar come miglior film straniero per "Amarcord"; lo sfortunato "Il Casanova di Federico Fellini", è un successo travolgente in Giappone! Ormai considerato una leggenda vivente, l'anteprima di "Prova d'orchestra" è al Quirinale alla presenza del Presidente della Repubblica e di numerose personalità politiche. Nel 1985 riceve il Leone d'Oro alla carriera alla Mostra di Venezia. A proposito di "E la nave va" ci racconta: "Più sono convinto di guidare la nave, più la nave va dove vuole. Passate le prime due settimane non sono più io che dirigo il film, è il film che dirige me. Niente di nuovo, è capitato anche a Geppetto. Stava ancora fabbricando il suo caro burattino quando Pinocchio lo prese a calci". Anche per "Ginger e Fred" anteprima al Quirinale e prima mondiale a Parigi. E non finisce qui: quinto Premio Oscar, questa volta alla carriera, nel 1993. In una recente classifica dei dieci film più amati di tutti i tempi compaiono, "La strada" e "Otto e mezzo".

Il suo ultimo lavoro è "La voce della luna" interpretato in maniera superba da Paolo Villaggio e Roberto Benigni: "È proprio perché ho avuto Benigni e Villaggio, due attori che incarnano tutti e due l'archetipo degli attori-comici anche nel senso di randagi, girovaghi, ho potuto, con loro, mettere insieme un terzetto che mi ha permesso d'inoltrarmi con più sicurezza in un film inventato giorno per giorno. Sono davvero grato a Benigni e a Villaggio della totale spontaneità, della fiducia con la quale hanno aderito all'intuizione di un itinerario che partiva dal buio e si inoltrava nel buio. Non hanno mai avuto le battute, tanto per dirne una. Arrivavo al trucco con pezzetti di carta che la sera prima avevo scarabocchiato. Ho fatto un bel viaggio, sottobraccio ad Arlecchino e Brighella, o forse meglio a Lucignolo e a Pinocchio". Concludiamo con una citazione lasciando l'ultima parola al maestro:"La moviola è una sala chirurgica, e l'oggetto, il film, ha bisogno di rispetto, si nutre della sua stessa intimità".




Filmografia:

"Luci del varietà", 1951, co-regia;
"Lo sceicco bianco", 1952;
"I vitelloni", 1953;
"Agenzia matrimoniale", episodio da "L'Amore in città", 1953;
"La strada", 1954;
"Il bidone", 1955;
"Le notti di Cabiria", 1957;
"La dolce vita", 1960;
"Le tentazioni del dottor Antonio", episodio da "Boccaccio'70", 1963;
"Otto e mezzo", 1963;
"Giulietta degli spiriti", 1965;
"Toby Dammit", episodio da "Tre passi nel delirio", 1968;
"Block-notes di un regista", film tv, 1969;
"Fellini-Satyricon", 1969;
"I clowns", 1970;
"Roma", 1972 ;
"Amarcord", 1973;
"Il Casanova di Federico Fellini", 1976;
"Prova d'orchestra", 1979;
"La città delle donne", 1980;
"E la nave va", 1983;
"Ginger e Fred", 1985;
"Intervista", 1987;
"La voce della luna", 1990.





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